Con la nota n. 616 del 3 aprile 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fatto chiarezza su una prassi diffusa ma non conforme alla normativa vigente: l’erogazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in busta paga, su base mensile.
Questo chiarimento interessa in particolare il settore del lavoro domestico, dove alcuni datori di lavoro adottano tale modalità per semplificare la gestione del rapporto con il collaboratore e di fatto rateizzare con gli anticipi un esborso che può essere troppo pesante per una famiglia .
Tuttavia, l’INL ha evidenziato che questa pratica è illegittima, con conseguenze fiscali e contributive per il datore di lavoro.
Giova ricordare forse che il Trattamento di Fine Rapporto è la somma che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore alla fine del contratto. Si tratta di una quota di retribuzione accantonata ogni mese, che costituisce una forma di liquidazione. Generalmente, il TFR corrisponde a circa una mensilità per ogni anno di lavoro.
Nel periodo 2015-2018 era stato introdotto un regime sperimentale che permetteva l’erogazione mensile del TFR in busta paga per i dipendenti del settore privato, ma questa possibilità non è mai stata estesa al lavoro domestico. L’obiettivo era dare al lavoratore maggiore liquidità, ma la misura non ha avuto seguito oltre la fase di prova.
Il chiarimento dell’Ispettorato: mensilizzare il TFR è una violazione
Secondo quanto affermato dall’INL, l’erogazione mensile del TFR in busta paga è contraria alla natura stessa di questo istituto. Il TFR, infatti, ha funzione di retribuzione differita e serve a garantire un sostegno economico al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro.
In particolare, la nota INL richiama l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4670 del 2021, secondo cui è possibile prevedere l’anticipazione del TFR maturato solo in casi specifici. Il Codice Civile (art. 2120) consente due modalità di anticipazione:
- Per legge: nei casi di spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa;
- Per contratto collettivo o accordo individuale: in presenza di condizioni più favorevoli.
Tuttavia, secondo l’interpretazione dell’INL, queste deroghe possono riguardare solo le quote già maturate, e non possono prevedere un'erogazione automatica del TFR mensilmente in busta paga. In tal caso, infatti, la somma verrebbe trattata come una parte ordinaria della retribuzione, e ciò comporterebbe conseguenze anche in ambito fiscale e contributivo.
Tfr anticipato: Le conseguenze per i datori di lavoro
Nel caso in cui un datore di lavoro abbia corrisposto il TFR mensilmente in busta paga, l’INL prevede che i funzionari ispettivi debbano ordinare l’immediata cessazione della pratica e il ripristino dell’accantonamento regolare secondo le regole previste dalla legge.
Inoltre, il datore di lavoro potrebbe essere obbligato a ricostituire le somme erogate in maniera non conforme, a meno che non riesca a dimostrare che esse non erano a titolo di TFR ma facevano parte della retribuzione ordinaria, con il rischio però di dover fronteggiare complessi contenziosi.
TFR anticipato: il caso del lavoro domestico
L’interpretazione dell’INL si applica anche al lavoro domestico, dove spesso il rapporto tra le parti è più informale. Molti datori di lavoro hanno adottato la mensilizzazione del TFR per comodità o per accordo con il lavoratore.
Tuttavia, anche in questo settore, la mensilizzazione del TFR è illegittima. L’unica eccezione ammessa è l’anticipazione annuale fino al 70% del TFR maturato, prevista dall’art. 41 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico.
Questa possibilità, però, è ben distinta dal versamento fisso mensile in busta paga: si tratta di una misura straordinaria, non ordinaria, e va richiesta e documentata annualmente.
Assindatcolf, l'associazione dei datori di lavoro domestico cita in merito una indagine contenuta nel Rapporto 2024 “Family (Net) Work”, condotta su 2.400 famiglie, evidenzia che la maggioranza dei datori di lavoro domestico preferisce liquidare il TFR solo alla fine del rapporto di lavoro (58,3%). Tuttavia, una percentuale significativa (35,9%) sceglie di anticipare l’intero importo maturato alla fine dell’anno.
Questa tendenza, sebbene non vietata, deve comunque rispettare i vincoli contrattuali e normativi, evitando di trasformare l’anticipazione in una consuetudine con cadenza mensile.
Divieto di tfr con anticipo le critiche
L’interpretazione dell’INL non è condivisa da tutti. Secondo alcuni esperti, (v. ad esempio il Sole 24 Ore del 7.5.2025 nell'articolo a firma D’Onofrio e Maresca, la normativa (in particolare l’ultimo comma dell’art. 2120 del Codice Civile) lascia margine alle parti per introdurre condizioni migliorative anche sul piano dell’anticipazione del TFR.
È stato osservato infatti che il TFR matura mensilmente e che, in presenza di un accordo individuale, sarebbe teoricamente possibile stabilire un’erogazione regolare, purché limitata alle quote già maturate.
Secondo questa lettura, l’accordo non trasformerebbe il TFR in una retribuzione ordinaria, ma semplicemente ne anticiperebbe l’utilizzo in modo flessibile, tenendo conto delle esigenze del lavoratore.
Tuttavia, l’approccio dell’INL appare volto a tutelare i lavoratori e a impedire prassi che, nel lungo periodo, potrebbero metterli in una posizione di svantaggio economico alla fine del contratto.